Muller resterà direttore della Mostra per altri quattro anni? Fanny Ardant arriverà a Venezia dopo le incaute dichiarazioni su Curcio? E infine Ambra quale Armani indosserà? L’abito nero senza spalline o il bianco ricamato? In attesa che i film tolgano spazio alle parole sono questi gli interrogativi amletici che serpeggiano al Lido. Per il direttore della Mostra internazione del Cinema di Venezia Marco Muller scade a dicembre il quadriennio di nomina. Gli piacerebbe tornare a lavorare da produttore: “Ho mollato un film da otto anni, quello di Gianfranco Rosi – un documentario sulle comunità religiose nei deserti degli Stati Uniti – che voglio portare avanti. E poi c’è un altro film da completare che mi sta a cuore: Cinque è il numero perfetto, tratto dai fumetti di Igort e girato da Egidio Eronico”. Al tempo stesso lascia aperta la porta per un possibile nuovo incarico. La condizione perché ciò avvenga è che “la formula del festival divenga permanente, sostenuta dalla Biennale, dalla città di Venezia e dal governo”. Inoltre chiede una “razionalizzazione del sistema di cultura cinematografica italiana”, con diretto riferimento alla “concentrazione dei festival. Tre manifestazioni principi – Venezia, Roma e Torino – nell’arco di due mesi sono davvero troppe”.

Comunque vada a finire è riuscito a metter su una 64esima edizione notevole, di quelle che si ricorderanno. Non solo per aver puntato alla “contemporaneità” lasciando emergere come filo rosso il tema della  “guerra” (si pensi al film di Paul Higgis In the Valley of Elah o a quello di  Brian De Palma Redacted, entrambi hanno per sfondo l’Iraq). Ma anche per la presenza di 15 prime mondiali americane. Non a caso si inizia con Atonement di Joe Wright e Sleuth di Kenneth Branagh. Senza per questo dimenticare Abdellatif Kechiche, francese in Concorso con la sua seconda opera La Graine et le mulet  (il primo era La schivata),  o il cinese Jiang Wen, il taiwanese Lee Kang Sheng. Altrettanto interessante la scelta di mettere tre autori italiani in competizione. Paolo Franchi con Nessuna qualità agli eroi, Andrea Porporati con Il dolce e l’amaro, e Vincenzo Marra con L’ora di punta rappresentano tre autori con un percorso rigoroso, parzialmente conosciuti dal pubblico, privi però di una consacrazione internazionale. Quale che sia il loro risultato a Venezia è poco serio parlare di “rinascita del cinema italiano” un giorno sì e l’altro pure. Questa benedetta “rinascita” ha bisogno di tempo e di interventi che incidano sulla produzione e distribuzione dei film nel nostro paese, nonché di un cambio di attenzione per la cultura.

Intanto, prima dell’inizio delle proiezioni ufficiali, si torna a discutere sulla presenza di Fanny Ardant, protagonista nel film di Marra. Piero Mazzola, figlio del carabiniere ucciso dalla Brigate Rosse, ha infatti detto di aver querelato l’attrice per aver definito “eroe”  Renato Curcio. Insomma la richiesta di “perdono” al Tg1 non è bastata. C’è solo d’augurarsi, in caso la Ardant decidesse di partecipare, come speriamo possa fare, che la sua presenza non sia sfruttata da stupidi e nostalgici. Infine, mentre si danno gli ultimi ritocchi al Palazzo del Cinema, con carpentieri al lavoro e leoni parcheggiati in attesa di collocazione, non resta che un argomento di discussione: Ambra. C’è incertezza su quale abito indosserà, per lo meno riguardo al colore. Di sicuro la “madrina” della Mostra durante l’inaugurazione non parlerà più di un minuto: sono state scritte per lei quindici righe. Inoltre gli sono stati richiesti sobrietà e sorrisi. Una buona stagione per lei. Dopo il David di Donatello e il Nastro d’argento come attrice non protagonista per Saturno Contro di Ferzan Ozpetek, le è arrivata la proposta di girare Bianco e Nero, un commedia della  Comencini con anche Fabio Volo, e poi Venezia. Il critico Tullio Kezich l’ha definita “il nulla con il vento in poppa”. Davvero troppo! Queste dichiarazione di Kezich fanno pensare ad un paese gerontofilo, con la testa rivolta al passato, bloccato nella sua storia. Insomma prima di salire sul palco di una grande istituzione culturale bisogna fare cosa? Ambra dice che Muller l’ha scelta perché rappresenta “qualcosa di giovane, senza una grande storia alle spalle, ma con la possibilità di un grande futuro”. Bravo, ben fatto!

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