Oltre al merito indiscusso di essere il precursore di innumerevoli filoni letterari, ad Edgar Allan Poe va riconosciuta la prerogativa di essere – ancora oggi – uno di quei classici autori a cui ci si avvicina quasi subito quando – dopo la scuola – si tratta di cominciare a scegliere i propri  libri da soli.

Nel cinema poi, l’influenza dell’autore de I delitti della Rue Morgue è semplicemente soverchiante. Se si sfilasse, dalla sterminata filmografia mondiale, quella sottile linea nera che lega più o meno impercettibilmente tutte le pellicole in cui c’è anche solo una citazione indiretta ai racconti di Poe, probabilmente, ci si creerebbe dentro lo spazio giusto per il nido di migliaia di corvi veri.

Tra tutti gli omaggi, menzione particolare, anche solo per ordine temporale a P.O.E. Poetry of Eerie, uscito ora in Italia, anche se prodotto e distribuito negli Stati Uniti già dallo scorso anno. Progetto nato dall’iniziativa di Domiziano Cristopharo e Angelo Campus, il film rivisita in chiave anarchica una dozzina di racconti partoriti originariamente, due secoli fa, dalla mente del maestro del terrore per antonomasia.

Aldilà di alcuni episodi colpevolmente ingenui, le dodici storie, ognuna realizzata da un regista diverso, hanno il merito di attualizzare e porre, un certo tipo di estetica horror, in un confronto serrato e marginalizzante con i resti e le scorie di un postmoderno gambizzato.

Poe scriveva in un tempo in cui le principali fonti culturali probabilmente erano i sermoni o le omelie in chiesa. In Poetry of Eerie di sicuro si trasla completamente la cornice romantica e oppressa da un certo tipo di pressione morale e religiosa di quel periodo e la si disossa in un sentire totalmente anestetizzato, scarno e minimale. In quest’ottica le storie trovano una linea comune molto più che non nell’omaggio a Poe riuscendo a coesistere come episodi omogenei e non solo come semplici corti messi in sequenza.
Il fatto che il tutto sia stato realizzato a budget zero sembra che predisponga quasi concettualmente gli autori che, specialmente con Pianegiani, Di Marcello e Tagliavini, accentuano in modo plateale e parossistico certi limiti tecnici e di scena.
Detto che non abbiamo mai apprezzato troppo un certo tipo di cinematografia a basso costo,  e che quello del budget zero non è un pricipio che debba valere a tutti i costi, P.O.E. fornisce anche delle sorprese assolutamente piacevoli. Semplicemente deliziosa la stop motion de Il Gatto Nero di Paolo Gaudio. Intensa la profondità di tutti i dettagli di Giordani ne La Sfinge. I dialoghi celebrali e covati nell’anima rendono perfettamente il clima dell’attesa emotiva e dell’abbandono anche in pochissimi minuti. Da apprezzare anche l’eleganza contorta di Cristopharo e gli angoli caldi e rotanti della Roma di Fazzini ne L’Uomo della Folla.

Il fatto che il film esca ora nelle sale, quando la scorsa settimana, il suo seguito Poe- Project of Evil ha vinto al FantaFestival l’edizione del 2013 il premio per il miglior film italiano, rende perfettamente l’idea dei paradossi e le lentezze della distribuzione nostrana. Speriamo solo che come ne La lettera rubata, i film che sembrano apparentemente nascosti, vengano alla luce d’improvviso e che la rete o il passaparola possa rendere in cambio quello che effettivamente valgono.

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