RITRATTO DI UN’IMPLOSIONE

LOCARNO 74

Nel suo secondo lungometraggio, Niemand ist bei den Kalbern, una storia ambientata nel mondo rurale della Pomerania occidentale, Sabrina Sarabi traccia uno dei ritratti femminili più vividi e complessi della selezione locarnese dei Cineasti del Presente di quest’anno.  Tratto dall’omonimo romanzo di Alina Herbing pubblicato nel 2017, il film si sviluppa intorno alla figura di Christin, una giovane ragazza che vive e lavora con il suo compagno Jan nella fattoria di famiglia.

Protagonista di ogni inquadratura, con la forza del suo sguardo introverso e scontroso e la bellezza prorompente del suo giovane corpo, Christin si ritrova in un posto in cui non vorrebbe essere, vivendo con un uomo che non ama in un ambiente che detesta, travolta dall’incomprensione, dalla noia e dall’indifferenza di chi la circonda. Saskia Rosehdal, che ritrae questo personaggio sfaccettato con assoluta dedizione, è stata premiata con il Pardo per la migliore attrice.    

La luce accecante del sole in mezzo alla campagna, filmata con una chiara lucentezza in 16mm, crea fin dalla prima inquadratura una tensione indefinibile.

Come in una sorta di trance, estraniata persino da se stessa, la ragazza si piega all’indolenza dell’estate, trascinandosi da un giorno all’altro senza entusiasmo, senza scopo, senza vera gioia. Nella fattoria, tutto ciò che fa è entrare e uscire, dormire e mangiare frettolosamente un boccone mentre occasionalmente aiuta con il bestiame. Anche se Christin è costantemente in movimento, la sua vita sembra svolgersi al rallentatore.

L’approccio senziente di Sabrina Sarabi ha un aspetto documentaristico completo. Con una precisione quasi fenomenologica, Niemand ist bei den Kälbern mostra un malessere esistenziale che è anche sociale, poiché gran parte dei territori dell’ex Germania dell’Est soffrono ancora di un’economia fragile. Simbolo per eccellenza dello sfruttamento capitalista della campagna, le turbine eoliche, che si ergono minacciose sopra la terra di Jan (Rick Okon), attirano regolarmente tecnici dalla città per la loro manutenzione.

In uno di questi uomini, l’ingegnere Klaus (Godehard Giese), la ragazza vede l’opportunità di fare un viaggio notturno ad Amburgo, tuttavia la sua grande avventura finisce per essere un semplice ritorno e ritorno. Una festa di paese dove incontra Caro, la sua migliore amica, sembra offrirle un passatempo migliore, ma la serata finisce comunque male perché Christin deve prendersi cura del padre ubriaco riportandolo al suo appartamento.

In questo duro ambiente di duro lavoro, poco tempo libero e solitudine, gli scambi verbali sono ridotti al minimo.  Anche Christin non è loquace, ma attraverso i suoi vestiti succinti e da discoteca e il suo sguardo spesso audace e provocatorio, la ragazza oppone una resistenza passiva. Non la vedremo mai urlare, arrabbiarsi o perdere il suo equilibrio.

L’assoluta padronanza della narrazione da parte di Sabrina Sarabi si manifesta nella sua capacità di tracciare sottilmente il processo quasi impercettibile del crollo della sua eroina. Attraverso una raffinata osservazione psicologica, la regista getta una luce nell’anima tormentata della sua protagonista, evitando ogni cliché mentre lei va alla deriva.

Cercando maldestramente una via d’uscita, si aggrappa a Klaus, l’ingegnere, ma quando, in un fienile fuori mano, l’uomo, dopo averla quasi soffocata durante il rapporto sessuale, si diletta a bruciarla con la sua sigaretta, la psiche di Christin comincia a vacillare. I tentativi disperati della ragazza di parlare al telefono con la sua migliore amica cadono costantemente nel vuoto. Animali morenti e smarriti cominciano a incrociare il suo cammino. La realtà si trasforma gradualmente in una fantasia da incubo. Poi, una notte, il fienile brucia.

Miracolosamente, questa struggente storia di formazione finisce con un raggio di speranza quando la vediamo finalmente allontanarsi verso una nuova destinazione e una nuova vita. 

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