Quando entriamo in libreria non sempre finiamo dritti alle casse.

A volte controlliamo se c’è via libera per coprire almeno la pila più alta di Fabio Volo. Da questo punto di vista, nel gelido ordine alfabetico che spesso regola molti scaffali di narrativa, la ravvicinatissima prossimità tra l’ex conduttore de Le Iene e Fabio Viola, rende ancora più denso di significati ed esercizi lo spessore di Sparire.

Il nuovo libro dello scrittore romano purtroppo non si allarga abbastanza per coprire tutte le scorte di Un posto nel mondo o Un giorno in più, ma propone una visione personale e sorprendente di dove possono spingere alcuni vuoti e inespressività esistenziali.

Come in una proiezione indiepatica e anestetizzata di quello che potrebbe essere il Meursault di Camus oggi, Viola libera il suo Ennio alla ricerca dell’ex ragazza Elisa. Fuori dalla routine di Roma Nord e dalle prove sprecate con il suo gruppo però, il protagonista di Sparire  sembra non avere consistenza tangibile e si lascia tramortire senza opporre alcuna resistenza da tutti gli eventi in cui è catapultato.

La scomparsa della sua vecchia fiamma lo porta fino in Giappone, ma lo spirito che anima le sue mosse sembra sussultare solo in assensi sciatti e introversi. Anonimi quasi come le istantanee grigie che riemergono dalla sua storia d’amore con Elisa.

Viola ha il merito di impostare geometrie profondissime da un vissuto apparentemente superficiale e arido, dimostrando come possono distendersi all’infinito anche certe emozioni represse o covate senza tregua.

Nei tempi dei nuovi linguaggi invadenti e senza privato di Facebook, l’autore de Gli Intervistatori riesce a crearne uno assolutamente personale in cui, l’esigenza di sparire, sembra – se non una scelta politica -l’unica che possa testimoniare una nuova vitalità e una riappropriazione del proprio destino. La successione dei molteplici stili narrativi che si confondono tra il flusso dei pensieri innarrestabile di Ennio, le email finte o immaginate o gli esercizi epistolari delle alunne di Elisa provocano un senso di sdoppiamento e torpore quasi ottundente. Per certi versi l’intreccio di ricordi, inconscio e oblio ci ha ricordato alcuni passaggi sublimi di Vittorini.

Il senso di spaesamento generale di Sparire non è dato solo dal difficile adattamento del protagonista alla socialità giapponese, ma anche da una serie sorprendente di trovate narrative e blackout emotivi che hanno nel momento dell’incontro tra Ennio ed Elisa il trionfo del surreale e di una paurosa incomunicabilità.

Come in uno dei pezzi più disarmanti dei Goodspeed You! Black Emperor Viola è abilissimo a creare vortici di ascensioni emozionali che poi si arrestano o esplodono in picchi di alta letteratura come il pranzo di natale, il terrremoto o le passeggiate in macchina con in sottofondo i Tuxedomoon.

Le pagine conclusive sono assolutamente memorabili e lo stato di veglia allo specchio di Ennio è reso in maniera esemplare come in un compendio new wave di psichiatria. L’identità del protagonista crolla e si ricompone di tantissime parti spezzettate di tutta la storia che si rianimano di vita propria.

Fino a Sparire, di nuovo.

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