Con alcune case editrici abbiamo dei problemi irrisolti. Una di queste è la Newton Compton.

A parte un certo accanimento con le rilegature cotonate anni’80, temiamo che -ultimamente – la saga dei vampiri di Lisa Jane Smith, il sexy club del cioccolato o il ciclo storico sulla Roma dei gladiatori si siano allargati un pò troppo su tutta quella chiazza editoriale in libreria.
Con le Streghe di Salem però non abbiamo resistito e senza nemmeno accorgercene, pochi minuti dopo aver sfogliato le prime pagine eravamo già a metà della storia.
A quasi quattro anni dal sorprendente The Haunted World of El Superbeasto (che consigliamo vivamente) l’autore, regista e compositore Rob Zombie è finalmente tornato. Con la tipica discrezione poi che avrebbe potuto avere Alice Cooper – suo maestro – il nostro licenzia contemporaneamente, libro, film e un nuovo album.
Attendendo l’uscita nelle sale della versione cinematografica prevista per domani 24 aprile, il romanzo scritto a quattro mani con B. K. Evenson era un modo per testare la forza a livello di scenaggiatura della storia, ma anche per riconfrontarsi con l’horror nella letteratura in un momento in cui è più facile cedere alle immagini o le rotondità gonfiabile alla True Blood.
Dopo il crossover totale de l’ottimo e irriverente ‘Quella casa nel bosco’, la proverbiale lealtà di Zombie alle radici sacre e autentiche del genere ci sembrava l’ideale per fare ordine e riavvicinarci a questo tipo di ambientazioni.
Brodkey scriveva che il successo di una storia risiede nel fatto di far accettare al pubblico la conclusione, infondendogli orgoglio per aver riconosciuto la geometria che l’ha provocata.
Nelle streghe di Salem, il finale del libro non è proprio a sorpresa, ma Zombie ci arriva con una linea retta sprofondante ed ipnotica e che riprende del tutto il senso di ineluttabilità che ha reso grande Halloween – The Beginning.
La storia non ci consente di sbottonarci più del dovuto con lo Spoleirin’, ma diciamo che si basa sulla vendetta dello spirito delle streghe di Salem massacrate nel ‘600 contro le discendenti dei loro aguzzini ai giorni nostri.
Va riconosciuto a Rob Zombie prima di tutto di aver modellato uno script che, come ‘Grindhouse’ di Tarantino (a cui tra l’altro il nostro ha collaborato), si cala profondamente in un’ottica femminile, sviluppando poi temi decisamente controversi come la dipendenza, la droga e la religione.

La trama è poco più che elementare e la scrittura è quasi a livelli adolescenziali, ma la voce dei White Zombie ha una maestria unica nel far avvicendare vorticosamente i momenti di tensione. La valanga di riferimenti al mondo del metal e del rock satanico ci fanno crescere la curiosità per la versione al cinema.  Alcune scene terribili invece, come quelle della protagonista nella vasca da bagno, non abbiamo minimamente voglia di rivivere di nuovo una volta chiuso e messo a posto questo libro.
In sede di intervista il regista aveva dichiarato di voler andar oltre la distinzione tra bene e male su cui si regge gran parte del carrazzone horror degli ultimi anni. Nel libro l’autore sembra dare la prova di esserci riuscito dando idea che il senso di smarrimento soverchiante che lascia la storia possa essere ulteriormente stravolto dal suo proverbiale senso del dolore con la macchina da presa.

Le Streghe di Salem (Newton Compton editore) – pagine, 384 – Euro 9,90

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