Mange tes morts è una storia d’onore filmata con il respiro di un grande western, la tensione di un film noir e la cruda, inebriante autenticità di un documentario. Mange tes morts è una storia d’uomini, dura e possente, commovente e struggente; è una scorribanda notturna a 200 all’ora verso il compimento ineluttabile del destino di un uomo e l’inizio della vita da adulto di un altro. Mange tes morts è la storia di due fratelli: Jason Dorkel che si appresta a festeggiare i suoi diciotto anni con il suo battesimo e Fred Dorkel che ritorna a casa dopo avere passato quindici anni in carcere.

La sequenza iniziale dà il tono del film. Una lunghissima carrellata laterale accompagna la corsa in motorino di due ragazzi, insieme attraversano a tutta velocità dei campi che si estendono a vista d’occhio, uno dei due ha in mano un fucile. L’eccitazione monta, restiamo col fiato sospeso: il ragazzo punta e spara. Alla fine scopriamo che il bersaglio era semplicemente un coniglio, eppure una tensione gravida di presagi inquietanti s’installa nello spazio del film. Jean Charles Hue è riuscito, durante un lungo periplo di una ventina d’anni, ad avvicinarsi e a farsi accettare dalla comunità nomade dei Yéniche, un popolo di viaggiatori che si è stabilito nel nord della Francia. Hue filma i corpi, le passioni, i movimenti in osmosi con il loro mondo, dall’interno. Frizioni, tensioni, entusiasmo e pericolo fanno parte della materia filmica, sono il suo sangue, il suo respiro. Da questa posizione privilegiata il regista osserva e mette in scena i suoi personaggi, i suoi amici, la gente della comunità in un rituale che fonde ad ogni istante vita vissuta e rappresentazione, presa documentaria sul reale e finzione poetica. Mange tes morts è il miracolo filmato di una mitologia vivente. Non per caso la pellicola, che ha esordito alla Quinzaine des Réalisateurs, è stata recentemente ricompensata con il prestigioso Premio Jean-Vigo, per l’indipendenza del suo spirito e l’originalità della sua messa in scena. Paris Cinéma ha offerto l’occasione al pubblico della capitale di scoprire Mange tes morts in anteprima, qualche giorno fa.

La vicenda si svolge nel giro di 24 ore. Il film é diviso in due parti: la parte diurna é una lunga introduzione alla vera e propria avventura che si svolgerà dal crepuscolo in poi. Jean Charles Hue prende il tempo di presentare i suoi personaggi uno ad uno filmandoli nel loro ambiente di vita. In un vasto terreno abbandonato, ai margini della città, la cinepresa si sposta da una roulotte all’altra; s’invita all’interno di quella di Jason cogliendo le raccomandazioni appassionate di Violette al figlio mentre gli porge la camicia e i pantaloni bianchi che dovrà indossare il giorno dopo, per il suo battesimo. Fuori il sole bagna i corpi e accende i colori della campagna circostante. L’atmosfera è festiva. Gli uomini montano un tendone per la messa. Poco dopo le parole infuocate di un predicatore saturano l’aria. Un gruppo di ragazzi, raccolto intorno ad una macchina, si lancia delle sfide. Mickael, il fratello maggiore di Jason, batte tutti al sollevamento pesi. Poi si cuoce della carne alla griglia; fra il fumo si discute animatamente, si mangia e si beve a volontà. Fred, il personaggio chiave della vicenda, entra in scena per ultimo. Il suo arrivo é spettacolare: al volante di una vecchia macchina attraversa, ad una velocità folle, l’accampamento alzando un polverone enorme. Fred é di ritorno dopo avere scontato una pena di quindici anni per omicidio involontario. Il suo corpo imponente è quello di un uomo ormai sulla quarantina, ma dentro, nell’anima, nella mente è rimasto quello di sempre; un ragazzo. Ribelle, orgoglioso, scapestrato Fred aveva dovuto ben presto prendere il posto del padre morto al volante della sua macchina per fuggire alla polizia. Per sfamare Violette, la madre malata, e i fratelli minori, Mickaël e Jason, Fred si era specializzato nel furto di camion pieni di prodotti alimentari, finché un giorno, nel corso di un colpo andato male, ci era scappato un morto. Questo é quanto l’uomo racconta con grande fierezza a tutta la comunità e ai suoi fratelli che gli si pressano intorno per augurargli il benvenuto. Fred vuole riprendersi tutti i suoi diritti e il posto che gli spetta, sente di essersi sacrificato per il bene dei suoi e reclama rispetto e considerazione.

Ma le cose non sono così semplici. Antichi rancori e apprensioni attuali creano un’atmosfera elettrica. Un nonnulla – si sente in maniera palpabile- basta per fare scattare la scintilla negli animi facilmente irascibili degli astanti. Molto tempo è passato da quando Fred è stato arrestato; la comunità si è evoluta abbandonando i suoi vecchi metodi di sussistenza in favore di attività legali, molti hanno abbracciato la religione evangelica e i due fratelli che, aveva lasciato bambini, sono ormai degli uomini. Fred è rimasto fedele a se stesso e ad un codice d’onore desueto. Assetato di avventura, ostinato e irriducibile non sente ragioni e vuole riprendere la sua vita di un tempo: il pericolo, le corse sfrenate in macchina, le risse, le sfide con la polizia, il mondo violento e rischioso della notte. Con il suo carisma riesce presto a convincere i suoi fratelli e, Moïse un giovane cugino, fervente credente e padre di un bimbo, ad imbarcarsi con lui all’avventura, per festeggiare, com’è giusto che sia, la riconquista della sua libertà. Sarà una lunga fuga nella notte, una corsa pazza e suicidaria, in nome dell’onore, dell’audacia e della ribellione ad ogni costo. Impercettibilmente la messa in scena si stacca gradualmente dalla presa diretta sul reale per inoltrarsi in un mondo di puro cinema, dove le immagini suggestive della notte, dalla plasticità quasi astratta, si alternano a delle inquadrature folli all’altezza dell’asfalto e a dei primi piani intensi che mettono a nudo l’anima dei personaggi.

Filmando le mille traversie della notte, sul filo di lungo percorso iniziatico, fra stilizzazione e una melanconia dagli accenti quasi melvilliani, Jean Charles Hue va ben oltre l’antropologia filmata è tocca il cuore del mito. Fred andrà fino in fondo; alle prime luci dell’alba, troverà il cammino della sua redenzione. Gli altri prenderanno la strada di casa, ma nessuno sarà più lo stesso.

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