Cinema d’evasione. L’utile e indispensabile premessa è che ci muoviamo in tale ambito, anche a giudicare dal pubblico richiamato in sala di domenica pomeriggio, l’attesa è solo per un film ricco di colpi di scena, azione e pochi intellettualismi.

La scena è dell’ultimo film di Peter Berg ,The KIngdom, ovvero il regno dell’Arabia Saudita, con le sue enormi ricchezze energetiche a cui l’occidente non può rinunciare e che costituiscono per i despota locali un utile strumento con cui sostenere lussi e lotte di potere per l’egemonia in tutto il bacino medio-orientale. Gli americani sono i maggiori consumatori di petrolio del pianeta e posseggono l’esercito più forte del mondo, per cui è inevitabile che in tale scenario siano nel bene o nel male protagonisti.

L’inizio è decisamente scioccante. Un attentato contro il personale civile americano a Riyad viene effettuato in due tempi: una prima parte vede una sanguinosa sparatoria tra i civili che ha il solo scopo di far accorrere i soccorsi e quindi, grazie anche alla confusione generata dai soccorsi stessi, quella di provocare un’altra enorme esplosione; nella seconda parte, mentre un agente dell’FBI descrive l’accaduto ai suoi colleghi a Washington, partecipa da vittima al secondo attentato, raccontandocelo in diretta con uno stratagemma narrativo semplice, ma drammaticamente efficace.

Ecco: semplice ed efficace, in questi due aggettivi sono racchiuse le qualità ed i limiti del film prodotto da Michael Mann, girato in maniera ineccepibile con alcune ben collaudate tecniche di ripresa innovative, ma che oramai già da almeno un paio di pellicole (Miami Vice e Collateral) caratterizzano lo “stiloso” regista e anche produttore americano. Comunque le riprese dall’alto di una misteriosa Riyad notturna sono decisamente inedite e affascinanti, quel che manca è sicuramente la personalità di un Clooney di Syriana e la ricchezza della sceneggiatura di Spy Game, ma nonostante ci sia un eccesso di sparatorie e sangue il risultato è un film asciutto e abbastanza equidistante tra i due mondi che racconta.

A testimonianza di ciò, vediamo come le ultime parole cariche di vendetta verso il nemico americano che il Mullah, capo degli attentatori, sussurra all’orecchio del nipote prima di morire, coincidano alla lettera con la frase con cui Jamie Foxx consola Jennifer Garner della morte del collega vissuta in diretta telefonica.

Ovviamente i quattro agenti dell’FBI, con l’ausilio di un valido poliziotto locale, riusciranno a debellare la cellula terroristica pur avendo solo cinque giorni a disposizione, laddove l’intero esercito saudita brancolava nel buio incapace anche solo di trovare i resti dell’ordigno esplosivo causa dell’attentato. La cosiddetta “americanata” è sempre in agguato…

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