A distanza di tre anni da The Descent, piccolo cult horror firmato dall’inglese Neil Marshall, ecco stabilita un’altra pietra miliare del genere, un congegno di suspence mozzafiato messo a punto dalla coppia di spagnoli Bagualerò/Plaza per la Filmax Enterteinment, factory produttiva fondata dal reanimator Brian Yuzna con l’obiettivo di favorire la rinascita dell’horror al di fuori degli abituali clichés hollywoodiani.

L’intera vicenda viene rappresentata attraverso il piano sequenza in soggettiva del sistema ottico di una videocamera. Si tratta delle immagini in diretta della trasmissione Mentre voi dormite. In questa puntata del reality, la giornalista e il suo cameraman seguiranno per tutta la notte l’attività di una squadra di pompieri. Malgrado l’idea comunemente diffusa che il lavoro del vigile del fuoco sia un flusso ininterrotto di avventure spettacolari in sprezzo del pericolo, appare chiaro fin da subito che di vera azione ne vedremo ben poca e che la squadra passa solitamente la gran parte del proprio turno di notte in attesa di una chiamata di soccorso, sonnecchiando o palleggiando a basket. Si prospetta insomma una puntata deludente, se non proprio noiosa, dove il culmine dell’intensità emotiva potrebbe derivare dal salvataggio di qualche bestiola in difficoltà. La chiamata finalmente arriva: pare che un’anziana donna sia rimasta intrappolata nel proprio appartamento. Una squadra giunge rapidamente sul posto e si prepara a intervenire, costantemente affiancata dalla troupe della tv locale che non intende perdersi neanche un minuto di azione, che pure non si preannuncia esaltante. Da questo punto in poi la serie degli eventi prenderà una direzione del tutto inattesa e le mura del vecchio condominio si riveleranno una trappola senza scampo in cui saremo anche noi prigionieri, in quanto testimoni in diretta della vicenda.

Vengono in mente almeno tre riferimenti interni al genere. Il primo e più immediato: il filone  della “morte in diretta” che, da Peeping Tom, passando per Cannibal Holocaust, arriva fino all’operazione Blair Witch Project, senza dimenticarsi di alcuni mockumentary dalla parte dei serial killers: Harry pioggia di sangue, Il Cameraman e l’assassino e The Last Broadcast. Come si può facilmente immaginare il titolo REC rimanda al piccolo tasto rosso che aziona la modalità di registrazione di un qualsivoglia sistema audio/video. REC si contrappone inevitabilmente al PLAY del cinema tradizionale in cui l’atto originario e creatore della ripresa rimane occultato dietro la cornice convenzionale della proiezione-riproduzione. Per restare al solo genere horror, possiamo far risalire agli anni ’70, al Deodato di Cannibal Holocaust, l’intuizione di mostrare il contenuto funesto del found-footage di una troupe cinematografica che auto-documenta con crescente consapevolezza le tappe del proprio annientamento. L’idea verrà ripresa  quasi integralmente e senza molta fantasia vent’anni più tardi in The Blair Witch Project. Da questo punto in poi  la strada è segnata e il cinema horror e non solo sarà un inventario di soggettive di camcorder digitali, variamente utilizzate da teenager in vacanza, documentaristi in cerca di emozioni forti, o dagli assassini stessi per dimostare le proprie abilità o per il proprio personale archivio snuff.

Gradualmente, dall’espediente del filmato ritrovato, l’interesse dei registi horror si sposta sulla diretta pura, il live act indicato proprio dalla spia rossa del REC lampeggiante ai bordi del frame. Da questa dinamica di simultaneità integrale (non importa quanto apparente) dei due momenti sequenziali della tecnica video, il REC e il PLAY, tradizionalmente tenuti confinati nei rispettivi ambiti, deriva in parte la forza disturbatrice del gioco perverso in REC. Altro punto di forza e altro riferimento al passato recente del genere: proprio quel The Descent, citato non a caso come prototipo della rinascita dell’horror contemporaneo. La rigida demarcazione delle unità di luogo e di tempo è uno spunto comune alla struttura claustrofobica dei due film: in Marshall era la grotta all’apparenza senza troppe difficoltà in cui si introduce il gruppo di giovani esperte speleologhe; qui la gabbia è un ordinario e inoffensivo condominio madrileno. In entrambi i casi l’inaspettato, l’horrorifico si nasconde e si confonde nella penombra, ha le sembianze appena abbozzate e solo vagamente umanoidi, quasi fetali. Nascondendo e rivelando costantemente, il mostruoso dell’horror contemporaneo ha un aspetto familiare e alieno al tempo stesso, fornisce credenziali di realtà alla dimensione soprannaturale che in questo modo diventa “infranaturale”; creature che conservano solo un lontano apparentamento con la specie umana, una volta sottoposte ad alterazioni genetiche o alle infezioni di virus misteriosi.  

Terza fonte d’ispirazione opportunamente aggiornata e adattata alla cultura scientifico-religiosa del vecchio continente: l’immaginario politico ed etico dello zombi romeriano, il morto vivente povero derelitto, penosamente condannato dalla sua natura in perenne decomposizione a nutrirsi di carne fresca, diffondendo così l’orribile contagio che conduce alla non-morte. Senza pretendere l’originalità a tutti i costi e anzi proprio grazie alla mescolanza intelligentemente dosata di questi e altri elementi della tradizione del genere, solo portati alle estreme conseguenze e quasi scarnificati, REC riesce a proporsi come un horror dalla forza dirompente, decostruzionista, dove il ritmo incalzante degli avvenimenti si sincronizza al battito cardiaco dello spettatore.

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