Per chi conosce l’esperienza del distacco dalla propria terra e dai propri affetti, la scena con cui si apre il film d’animazione Persepolis è di quelle che ti colpiscono dolcemente al cuore: una giovane donna di origini iraniane è in fila per il check-in all’aeroporto di Parigi, ma quando arriva il suo turno e la hostess le chiede il biglietto e il passaporto, lei rimane stordita, muta, incapace di qualsiasi azione. La giovane donna non partirà, non è lì per prendere un aereo, ma per gustare i sapori della sua terra e per riflettere sulla sua vita divenuta esemplare suo malgrado; leggere Teheran sul tabellone e vedere decollare l’aereo, le regalano l’illusione e la speranza di volare verso casa.

La ragazza è l’iraniana Marjane Satrapi, disegnatrice di fumetti e illustratrice di libri per bambini, stabilitasi in Francia dal 1994 e autrice di fama mondiale della graphic novel autobiografica in quattro volumi Persepolis da cui è tratto il film. Persepolis, in un lungo flashback, racconta appunto la storia di Marjane, figlia di genitori progressisti e moderni, la cui esistenza si intreccia indissolubilmente con la storia del suo paese, l’Iran, dalla caduta della monarchia nel 1978 all’instaurazione di un regime teocratico, passando per la rivoluzione islamica e la feroce guerra tra Iran e Iraq. Si può dire anzi che la sua vita, “una vita tranquilla e senza storia, una vita da bambina”, sarà da quel momento in poi plasmata irrimediabilmente dagli eventi politici e culturali della sua nazione. Le cose mutano rapidamente in Iran: la democrazia e le libertà individuali sono cancellate, soprattutto per le donne, costrette a indossare il velo in pubblico. Questa situazione, in totale contrasto con lo spirito di Marjane, moderna, “occidentale” e ribelle, costringe i genitori a mandare la figlia a studiare a Vienna. Lì la piccola Marji attraverserà gli anni turbolenti dell’adolescenza, entrerà nel mondo del punk e delle feste, ma soprattutto scoprirà le gioie (e i dolori) dell’amore; dopo il liceo tornerà in Iran, dove sfiderà il regime con la sua sfrontatezza, la sua simpatia, la sua lucidità. In questo suo continuo peregrinare le speranze di Marjane di essere serena e felice sono perennemente disilluse; Marjane sembra condannata a sentirsi un’estranea ovunque: in Iran, dove si sente repressa e offesa nella sua dignità di donna, ma anche in Austria, in quell’Occidente che ai suoi occhi appariva simbolo di libertà, ma dove in realtà deve fare i conti con i pregiudizi di chi la identifica proprio con quel regime fondamentalista da cui è fuggita, o al contrario, come un essere esotico, che ha avuto il “privilegio” di vivere una rivoluzione e l’esperienza della guerra.

In realtà Marjane è davvero un’estranea ovunque, e questo perché affida ai luoghi dove vive la responsabilità di trovare se stessa, di capire chi è, di costruirsi una propria identità. Prima di partire per l’Austria l’amatissima nonna anticonformista le dice “Non dimenticare mai chi sei e da dove vieni”; ma Marjane lo dimentica, arrivando addirittura a fingersi francese perchè si vergogna di essere iraniana e di essere, per questo, giudicata negativamente. Il senso del film sta proprio in questa ricerca della propria identità, perché solo acquisendo dentro se stessi la coscienza di sé, delle persone amate, delle proprie origini ci si può sentire a casa ovunque. Ed è per questo che, dopo l’Università e un matrimonio sbagliato, a 24 anni Marjane decide di lasciare nuovamente il suo paese, destinazione Parigi; e questa volta per sempre. Sbarcata nella sua nuova patria, al tassista che le chiede da che paese arriva, risponde, sia pur con tutto il peso e le sofferenze che quella parola le procura, “dall’Iran”. Marjane ha finalmente trovato se stessa.

Il film, frutto di quasi tre anni di lavoro, è stato realizzato con disegni a mano e in bianco e nero senza ricorrere al digitale; le uniche parti a colori sono quelle delle scene parigine in cui Marjane è diventata una donna matura e nuova. Si è parlato di realismo stilizzato per questi disegni che hanno il merito di far dimenticare allo spettatore che quelli che vede in azione sullo schermo sono cartoon e non attori in carne e ossa. Il montaggio del film, rapido e serrato, l’interpretazione dei personaggi, il linguaggio dei protagonisti fanno di Persepolis un film adulto in tutti i sensi. Un vero manifesto di libertà, coerenza e integrità. Con qualche scena di troppo, forse, ma si sa che a togliere si fa sempre in tempo, l’importante è che ci sia la polpa. E di polpa, in questo caso, ce n’è veramente in abbondanza.

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One thought on “Persepolis

  1. Sto leggendo i fumetti della Satrapi e devo dire che sono grata per questa manifestazione autobiografica che fa capire tante cose sulla storia e la situazione politica dell’Iran. Persepolis è informativo e colpisce al cuore. Ve lo consiglio!

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