In un pranzo dal sapore epico del 1994, i quattro pionieri della Pixar, intenti in una tipica seduta di brainstorming, iniziarono a dare forma a varie suggestive e immaginifiche storie quali A Bug’s Life, Monsters & Co., Alla Ricerca di Nemo, e fu sempre durante lo stesso incontro che iniziò a delinearsi un’embrionale idea su quello che sarebbe divenuto, quattordici anni dopo, Wall-E.

L’idea originaria venne fuori chiedendosi cosa sarebbe successo se il genere umano avesse abbandonato la Terra dimenticandosi di spegnere l’ultimo robot rimasto, senza che lui sapesse di poter smettere di assolvere il compito per cui era stato creato: quello di raccogliere e compattare le immense montagne di spazzatura che invadono il pianeta. Dall’idea cardine, com’è prassi consolidata nella creazione di sceneggiature, nacquero in seguito altri personaggi e supplementari sviluppi.

Wall-E è un robottino un po’ obsoleto e melanconico, macchina superstite e solitaria più umana dei suoi stessi creatori, oramai colonizzatori obesi e opulenti di mondi lontani, sconfitti da un irrazionale sfruttamento del pianeta e consumistici emigranti su di una astronave da crociera in versione full optional di un futuro non troppo lontano.

Wall-E possiede persino quel meraviglioso aspetto che è la curiosità e colleziona nel suo container/cuccia tutto ciò che trova singolare e insolito: cubi di Rubik, scarpe, videoregistratori e una videocassetta di Hello Dolly che guarda a ripetizione come solo i maniaci del “film del cuore” sanno fare e che gli servirà da educazione sentimentale quando, con l’arrivo di Eve, robottina supertecnologica dalle forme zen minimali e perfette, cercherà più volte di tenerle la mano così come il musical gli aveva insegnato.

Si raggiungono vette di alta poesia in quest’adulto capolavoro d’animazione romantico e affascinante. La prima mezz’ora ha le carte in regola per diventare storia del cinema, dove, in assenza di dialoghi, tutto è meravigliosamente affidato alle ambientazioni, musiche e mimiche dei personaggi, in uno sfondo desolato e desolante che restituisce un’atmosfera apocalittica e solitaria che ci rende ancor più empatici nei confronti del sensibile robottino. Le tecniche di ripresa e creazione, sfocate e incerte nei dettagli e nelle profondità di campo, sono lì a restituirci un effetto di ripresa sporca e non digitalmente definita. Un mondo realisticamente cupo e inospitale, che lavora a vantaggio dell’immedesimazione e che fa progressivamente scemare la percezione dell’essere di fronte ad un film di animazione.

Wall-E

La sostanziale tematica ecologista non abbandona mai la storia, lasciando interstizi per riflessioni aggiuntive: c’è persino un reietto gruppo di robot ghettizzati pronti alla rivoluzione organizzata e digressioni sulla martellante aggressività della società mediatica. Ma la morale non suona mai retorica grazie anche ad una costante (e vincente) scommessa sul superamento della canonica rappresentazione visiva e narrativa del genere cinematografico in questione. La seconda parte si dimostra leggermente reboante rispetto all’equilibrio, alla compattezza, alla misura ed armonia della prima. Certo, adottare quel registro per tutta la durata del film sarebbe stato forse osare e rischiare troppo per casa Pixar, ma se l’equilibrio fosse stato mantenuto, si sarebbe potuto indubbiamente urlare al capolavoro indiscusso.

Le citazioni cinematografiche si sprecano: dal palese Hello Dolly, ad una costante presenza kubrickiana (2001 Space Odyssey su tutti) diretta o per interposta persona (A.I.). Ma anche E.T. (Wall-E è un omaggio a Rambaldi), e poi Alien, con una Sigourney Weaver che, nella versione originale, ironicamente presta la voce all’astronave dall’occhio alla Hall9000; proprio lei che ventinove anni orsono si trovava a combattere sola contro la navicella Madre. La Pixar investe parecchi dollari e sfoggia una squadra di esperti del mestiere di tutto rispetto, affronta le sue imprese con passione ed entusiasmo e varca nuove frontiere dell’animazione.

Se mai ce ne fosse stato il bisogno, Wall-E conferma ancora una volta quanto un film di animazione possa essere magistralmente rivolto, al contempo, verso due mondi lontani come la fanciullezza e l’età adulta.

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3 commenti su “Wall-E

  1. Credo che quel robottino ci insegni che i mondi delle due età non sono poi così lontani anzi arriva il momento in cui si sovrappongono ed è lì che arrivano i rimpianti per un passato molto più sereno , e la sua scatola dei ricordi , è quella di ognuno di noi .Ma il passato è passato e come il nostro eroe , ci sediamo su un mucchio di macerie e guardiamo il cielo . E lì nasce la speranza ..di non essere soli..

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