mario bonnardPassati nella retrospettiva Questi fantasmi a qualche giorno di distanza l’uno dall’altro, Il grido della terra (1948) di Duilio Coletti e La città dolente (1949) di Mario Bonnard (co-regia di Enrico Moretti) sono due film non straordinari, forse modesti, due melodrammi con tutti i canoni dei generi come tanti. Eppure, sono anche due lavori singolari, due pezzi unici per tematiche e genesi produttiva.

La città dolente è l’unico film italiano sulla tragedia dei profughi istriani. Girato tra il 1946 e il 1947, filmando dal vero le operazioni di esodo per terra e per mare di una popolazione ormai rassegnata, uscì solo nel 1949 forse a causa dell’incandescente clima politico. I fratelli Scalera, ex asfaltatori della colonia etiope convertiti al cinema, avevano da qualche anno stabilito i loro studi cinematografici sull’isola della Giudecca e dopo i trascorsi repubblichini e la fine della guerra cercarono una nuova rete di finanziamenti e distribuzione (senza riuscirci: la Scalera film chiuderà nel 1953 e il suo magazzino sarà assorbito da Angelo Rizzoli al momento di fondare la Cineriz) e gli avvenimenti della vicina Istria potevano essere l’occasione giusta per il rilancio. Il film scritto da Federico Fellini, Aldo De Benedetti, Anton Giulio Majano e dallo stesso Bonnard (regista dalla lunga gavetta, autore negli anni della guerra di Avanti c’è posto e Campo de’ fiori) non nasconde nulla: il fallimento della maggioranza italiana di Pola, la debolezza del governo di Alcide De Gasperi, l’oppressione titina, i campi di concentramento per italiani. Tutto senza retorica risultando, forse, troppo poco anticomunista. Narrativamente la storia ruota intorno al drammatico interrogativo di una famiglia istriana: “partire o restare”? Fuggire come tutti o credere alle ingannevoli lusinghe delle autorità slave? Mix di tante storie vere, La città dolente è un bicchiere mezzo pieno, con una prima parte piatta, ma con alcuni inserti documentaristici (di Moretti) impressionanti come le immagini dell’esumazione dei morti dai cimiteri per non lasciare indietro neanche le bare. Solo nella seconda parte diventa emozionante, riuscendo a catturare lo spettatore attraverso il tentativo di fuga di Berto (Luigi Tosi) che percorre la Jugoslavia verso l’Italia.

Il grido della terra è invece l’unica pellicola del nostro cinema che cerca di raccontare l’esodo degli ebrei italiani (ma in realtà giunsero in Puglia ebrei da tutta Europa) verso il futuro Stato d’Israele. Strascico della seconda guerra mondiale e conseguenza degli orrori del nazifascismo, il noleggio di navi italiane in partenza dalle coste pugliesi, da parte della comunità ebraica per sbarcare clandestinamente i loro correligionari in Palestina, fu l’evoluzione e l’incremento di un fenomeno migratorio già finanziato dai movimenti sionisti a partire dagli anni Venti. Prodotto e distribuito dalla principale casa cinematografica dei tempi, la Lux dell’imprenditore confinato a Lipari dal regime Riccardo Gualino, quella che allevò i futuri Ponti e De Laurentiis, Il grido della terra nasce da una strana sinergia di forze tra intellettuali ebraico-torinesi di primo piano (Gualino era di Biella, ma fu anche presidente della Fiat); “strana” per un’industria cinematografica come quella italiana che non è mai vissuta delle iniziative dei capitali dei finanzieri sionisti.

Nel cast tecnico si trovano i nomi illustri di Carlo Levi, di Alessandro Fersan, di Giorgio Prosperi e soprattutto del grande Emanuele Luzzati (del quale Questi fantasmi ha mostrato, nei giorni scorsi, la breve e stupenda animazione di omaggio a Puccini L’italiana in Algeri). Nel cast artistico, nomi altrettanto noti: ancora Luigi Tosi, Marina Berti, Andrea Checchi, Arnoldo Foa, Carlo Ninchi, la Dietrich italiana Vivi Gioi e Cesare Polacco, già attore per Genina in Lo squadrone bianco e L’assedio dell’Alcazar. Duilio Coletti, laureato in medicina, si conferma regista di mestiere, con poca attitudine a grandi messe in scena o a eccessi autoriali, sebbene la scena dello sbarco abbia veramente qualcosa di epico. Ma Il grido della terra è qualcosa di più di un film d’occasione: Coletti mostra la resistenza degli ebrei all’occupante inglese, ma non la guerra di questi alle popolazioni arabe; mostra la presenza difensiva e costruttiva dell’Haganah, ma non il suo ruolo nelle azioni di distruzione dei villaggi palestinesi. Come per La città dolente, l'uscita in sala fu superata dagli eventi poichè l’Inghilterra decretò la fine del proprio mandato in Palestina, e quindi la fine delle ostilità con i coloni ebrei, per il 15 maggio del 1948. A differenza de La città dolente, però, Il grido della terra fu molto più parziale, esplicito, retorico e fazioso.

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7 commenti su “Venezia 65: La città dolente e il grido della terra

  1. La città dolente – 1949

    Solo nel 2008 abbiamo avuto il piacere ed il dolore di vedere questo travolgente e veritiero film “La città dolente” che non è assolutamente un film modesto nè un melodramma nè un film come tanti ma
    UN’ OPERA VERAMENTE STRAORDINARIA E CORAGGIOSA, sia perchè esprime molto bene il senso di una grande tragedia collettiva, sia perchè nessun altro regista si è impegnato a documentare un tema così toccante e, verosimilmente, sgradito al momento politico.
    Gli esuli istriani, pertanto, debbono dare atto dell’opportunità di avere effettuato il restauro di questo film, con l’auspicio che non rimanga fine a se stesso, ma che venga divulgato, soprattutto attraverso il mezzo televisivo.

  2. piu’ che un commento avrei una richiesta :
    come potrei fare per avere una copia di questo film che
    mi ha particolarmente toccato

    grazie

  3. Io sono la figlia del regista documentarista Enrico Moretti … vorrei sapere come fare per avere tutti i documentari di mio padre .. sento ancora l’odore della pellicola e vedo con gli occhi del passato la pila di “pizze” nel suo studio … quando , alla moviola montava le riprese fatte … non ho più nulla di suo ..! Dovrei averle di diritto … o no? grazie
    Michela Moretti

  4. Signor Lupi, forse non sapete che li Britannichi continuanno aiutare gli Arabi nella guerra dell’independenza d’Israele, che i primi profughi da quella guerra erano Ebrei in Gerusalemme e Tel Aviv, che li Britannichi hanno aiuto gli Arabi a espellere gli Ebrei di parecchi vicinati a Gerusalemme, che gli Arabi hanno cominciato la guerra con attacchi sugli civili ebrei dapertutto il paese [Israele] il 30 di novembre 1947, e che —molto importante— i primi profughi che non potevano ritornare a casa dopo la guerra erano gli abitanti ebrei di parecchi quartieri a Gerusalemme [per esempio, il quartiere di Shimon haTsadiq (Simone il Giusto —Scimone haZadiq), espelluti in dicembre 1947.

  5. Caro Eliyahu, sicuramente ci sono tante cose che non conosco sulla nascita dello Stato di Israele e la ringrazio per le sue informazioni. Schermaglie è una rivista di cinema: cerchiamo di trattare al meglio della rappresentazione del reale sugli schermi cinematografici. tanto per i film del presente che per le pellicole del passato. il mio giudizio su Il grido della terra, come sul La città dolente, è separatamente artistico e storiografico. Artisticamente non sono film importanti e denotano tutti i propri limiti. Storicamente sono dei pezzi unici, ed hanno tutta la rilevanza che hanno i pezzi unici. Furono entrambi finanziati da chi aveva l’interesse, più che leggittimo, a dare voce e immagine ad alcuni dei tanti, drammatici eventi che hanno caratterizzato l’Italia dei primi anni del secondo dopoguerra. Probabilmente per Bonnard, Coletti, De Benedetti, Fellini e tutti gli altri furono poco più di un’occasione di lavoro. Ma per chi vide, ed oggi ha la possibilità di rivedere, quelle storie raccontate sul grande schermo, significano molto di più. e lo dimostrano i vostri commenti. Un film, per quanto ben scritto, difficilmente esaurisce l’analisi richiesta da fatti storici complessi come quelli qui affrontati. e altrettanto difficilmente esaudisce tutto le spettro delle emozioni esperite da chi quei fatti li ha veramente vissuti. ognuno vorrebe che le proprie fossero messe in primo piano.
    La ringrazio per la sua attenzione e la invito a leggere ancora le nostre pagine.

  6. Cara Michela,
    sono stato molto contento di leggere le tue righe. hanno dato un senso ulteriore a tutto. mi scuso se risponderò in maniera un pò tecnica a quella che per te è una questione affettiva. Non sono riuscito a raccogliere molte informazioni sull’attività di tuo padre. Ti consiglio, se già non lo hai fatto, di controllare se alla Cineteca Nazionale hanno qualcosa. Una volta individuato chi possiede le copie positive, quelle proiettabili, ti rimane ancora da scoprire di chi sono i diritti dei negativi, ovvero i diritti veri e propri di sfruttamento commerciale. Ti auguro, spero non ingenuamente, di riuscire ad ottenere almeno una copia personale, per te e per i tuoi ricordi, dei lavori di tuo padre.

  7. Caro Luciano e cara Laura, le copie de La città dolente proiettate a Venezia e poi in Sala Trevi, a Roma, sono della Cineteca Nazionale. Credo sia leggittimo per chiunque richiedere, in qualsiasi momento, alla direzione della Cineteca la programmazione di nuove proiezioni in Sala Trevi o noleggiare le pellicole per proiezioni ai festival. Al momento non mi risulta che esistano edizioni in DVD del film.

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