Per molti versi la professione del critico è facile: rischiamo molto poco pur approfittando del grande potere che abbiamo su coloro che sottopongono il proprio lavoro al nostro giudizio. Prosperiamo grazie alle recensioni negative che sono uno spasso da scrivere e da leggere. Ma la triste realtà, cui ci dobbiamo rassegnare, è che nel grande disegno delle cose, anche l’opera più mediocre ha molta più anima del nostro giudizio che la definisce tale. Ma ci sono occasioni in cui un critico qualcosa rischia davvero. Ad esempio, nello scoprire e difendere il nuovo. Il mondo è spesso avverso ai nuovi talenti e alle nuove creazioni: al nuovo servono sostenitori! Ieri sera mi sono imbattuto in qualcosa di nuovo, un pasto straordinario di provenienza assolutamente imprevedibile. Affermare che sia la cucina, sia il suo artefice abbiano messo in crisi le mie convinzioni sull’alta cucina, è a dir poco riduttivo: hanno scosso le fondamenta stesse del mio essere! In passato non ho fatto mistero del mio sdegno per il famoso motto dello chef Gusteau “Chiunque può cucinare!”, ma ora, soltanto ora, comprendo appieno ciò che egli intendesse dire: non tutti possono diventare dei grandi artisti, ma un grande artista può celarsi in chiunque. E’ difficile immaginare origini più umili di quelle del genio che ora guida il ristorante Gusteau’s e che secondo l’opinione di chi scrive, è niente di meno che il miglior chef di tutta la Francia! Tornerò presto al ristorante Gusteau’s, di cui non sarò mai sazio!”

Abbiamo affidato alla penna di Anton Ego, famoso critico culinario, l’inizio della nostra recensione. Effettivamente a un’opera semplice e, allo stesso tempo, completa come Ratatouille si possono affidare una serie di considerazioni sulla critica, sul modo di praticarla e sui pregiudizi che spesso accompagnano artisti non ancora affermati. Schermaglie.it è da sempre impegnata in uno studio e in recensioni di realtà cinematografiche sommerse. Tanto da dedicare, un anno fa, una copertina al  “Cinema sommerso”.

Questo film, per vari motivi, fa letteralmente cadere la penna del critico, gli restituisce una dimensione più umana e giusta di confronto tra ciò che un’idea produce e ciò che una critica, come tale, dovrebbe rilevare; il lavoro più o meno buono che una persona si propone di fare va considerato partendo proprio dallo sforzo personale che non è paragonabile alle poche ore di lavoro legate alla stesura di un articolo di critica, ma alla “collettività” degli sforzi raccolti per la realizzazione dell’intera opera. Anche un articolo di critica è il risultato di sforzi, studi e informazioni che si raccolgono nel recensire un’opera, ma a volte sembra mancare di umanità. A volte sembra che ci si dimentichi di criticare non un essere meccanico e freddo che è racchiuso nella pellicola, ma il lavoro di una o più persone che si sforzano e si espongono, appunto, con un’opera che propone, non certo sentenzia. A volte (bisogna ammetterlo) per il critico è più facile: si arriva e si trova la tavola già apparecchiata, il pranzo a tavola e il vino nei bicchieri, e se il pasto piace si appunta, altrimenti parte l’irreparabile critica, quella negativa, la critica per eccellenza…

A mio avviso ha ragione Ego, icona di mille critici irraggiungibili e irreprensibili che trattano davvero il cinema, o l’arte in qualsiasi sua forma, come un’entità esterna all’uomo, come se si trattasse di numeri, di forme geometriche che nulla hanno a che fare con i sentimenti o con il pathos, tanto cari alle nostre originarie tragedie greche e ai nostri melodrammi. Che cos’è che manca? Qual è l’ingrediente da aggiungere a questa ricetta insipida che a pochi consente di scrivere belle recensioni? L’umiltà. A volte bacchetto perfino me stessa, perché è più bello bocciare, è più affascinante aggiungere il proprio punto di vista e farlo risultare più interessante, ma allora forse dovremmo metterci al lavoro noi, passare dall’altra parte e provare l’ebbrezza della creazione al di fuori della pagina scritta… chissà che non possa nascere anche tra noi un piccolo Renè… topolino umile innanzitutto e molto desideroso di “curare” il suo pubblico. Ci sono molti critici che hanno incontrato molti Renè e non hanno saputo riconoscerli, oppure li hanno scartati per offrire il fianco ad altri artisti che andavano aiutati e non si potevano stroncare. All’umiltà di cui sopra, si dovrebbe aggiungere una dose di onestà, dunque. Come si annunciava in un vecchio carosello “Meditate gente, meditate!”, forse questo è il momento in cui è giusto fermarsi a riflettere sulle responsabilità di chi scrive o diffonde opinioni: è bene cercare, senza andare troppo lontano…

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2 commenti su “Ratatouille, quando al critico casca la penna

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