[****] – Pablo Larrain, regista cileno 34enne, dopo il suo Tony Manero vincitore del Festival di Torino 2008, torna nelle sale con il corposo Post Mortem. Larrain torna ancora una volta al suo Cile, alla complessa e non risolta storia del suo paese, con ambientazioni e atmosfere molto simili alla sua precedente opera, e con Tony Manero il film Post Mortem condivide anche l’interprete Alfredo Castro. Siamo a Santiago nel cruciale 1973.

I protagonisti della pellicola di Larrain tornano a rappresentare personaggi ai margini, estranei alla politica ed alla storia, quella con la maiuscola. Il protagonista Mario, come in Tony Manero, è un uomo alienato, dal volto impassibile, di chi vive un’esistenza scossa solo da pulsioni elementari e imprescindibili come nutrirsi o sfogare l’insopprimibile istinto sessuale. In ambientazioni stranianti e con fotografia livida, Larrain, con una regia efficace, personale, ferma e funzionale, fa muovere i suoi personaggi in un mondo in cui ciò che di rilevante accade nella Storia è percepibile solo in sottofondo, in rumori, spari e deflagrazioni lontani che non toccano i protagonisti.

Mario lavora come dattilografo in un obitorio, pronto a trascrivere le relazioni dettate dai medici mentre compiono le autopsie. Durante i giorni del colpo di stato del Cile, Mario nutre interesse per la sua vicina di casa Nancy, ballerina magra e non più giovane licenziata dal locale dove si esibisce. Lei ha il volto di Antonia Zegers e la sua è una di quelle interpretazioni difficili da dimenticare. Anche il loro timido amore sembra dettato più dall’istinto che dalla passione. Straniati al mondo, marginali da sentirsi soffocare, Mario e Nancy esternano tutto il loro essere inabili quando, in uno dei loro primi incontri, Nancy scoppia in un pianto immotivato e ininterrotto subito seguito da Mario, un pianto che non è disagio né malessere cosciente, che terminerà fuori campo quando il corpo avrà deciso di porre termine a quello sfogo fisico più che psichico.

alfredo castro e antonia zegers

Il loro è un amore impossibile di due esseri sospesi e senza qualità, rappresentanti di una popolazione, in un momento storico preciso che il regista ostinatamente continua ad indagare anche se gli sfugge il senso. E proprio per questo la sua indagine prosegue per riuscire a colmarne le impenetrabili lacune. Una popolazione e un paese in quei decisivi anni, verso cui si fa fatica a dare connotati precisi, perché labili e indefiniti in tutta la loro imperscrutabilità. L’11 settembre 1973 arriva: l’obitorio si riempe di corpi ammucchiati che il protagonista trasporta ed etichetta. Continua il suo lavoro, questa volta trascrive la relazione di un cadavere che presenta un foro dal mento al cranio: è il corpo di Salvador Allende che ha segni di suicidio, come precisa il medico che seziona. Mario è sempre lì che trascrive impassibile, ma stavolta il suo lavoro presenta un ostacolo: la sua vecchia macchina da scrivere è stata sostituita con una elettrica, il nuovo che avanza, qualcosa si è trasformato, ma Mario è incapace di utilizzarla.

Nancy vive ormai rifugiata nella sua casa devastata dalle perquisizioni, Mario l’aiuta a nascondersi, a nutrirsi, ma per Nancy, donna dall’identità lacerata, l’altro è prevalentemente solo fonte di sopravvivenza, il suo corpo da offrire senza sentimenti, in cambio di qualche genere di necessità. Nancy trova un nuovo amante e così Mario letteralmente li mura nel loro nascondiglio ammucchiando vecchi arredi sparsi in cortile dalle recenti perquisizioni. E’ il fallimento politico, esistenziale e sentimentale, condensati in alcuni minuti di una inquadratura fissa che si riempe di tavoli, sedie, armadi, resti e rovine di un passato appena trascorso e ancora capace di segregare e rinchiudere anche l’afflato di un sentimento.

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One thought on “Post Mortem di Pablo Larrain

  1. Film terribile e meraviglioso.
    “Corposo”, come scrive G.F., nel senso proprio di un’immagine-film che letteralmente implode perché satura di corpi. O di mobilia, nello straordinario pianosequenza finale.

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