L’ultimo sopravvissuto dei Titani, un Ingegnere Genetico, un Architetto della Vita, osserva il gorgogliare della natura impetuosa in un mondo splendido quanto disabitato. Non ha dubbi, semmai rimpianti. Guarda nelle lontananze, forse in un futuro che sembra intravedere e che non gli apparterrà mai più. Alla fine compie il proprio destino, beve il liquido dissolutore, il liquido nero, la bevanda eugenetica, il Principio dell’Architettura, e si lascia andare alle acque impetuose nelle quali si dissolve, regalando ― con il suo corpo ― la vita alla pianta ospite.

L’Origine dell’uomo, come sospettato da molti uomini in millenni di storia, è costituita da un salto biologico. Non evoluzione. Non Darwin. O almeno non del tutto. Prometheus si pone la domanda centrale dell’evoluzionismo, che è anche ― si detto di passaggio ― uno dei temi forti della corrente campagna elettorale Usa a cause delle credenze dei Mormoni. E se la pone agganciandosi, con una sapiente citazione, all’altra opera cinematografica che ha aperto la visione fra passato e futuro: 2001, Odissea nello spazio. Proprio nelle ultime scene di quel film, si vede il protagonista dapprima orribilmente invecchiato, in un ambiente primigenio bianco, su un letto che allude all’ultimo e definitivo sonno. Poi feto lanciato nelle atmosfere planetarie. Quel vecchio, esattamente lui, è il ricco finanziatore e proprietario del Prometheus, vascello stellare lanciato alla scoperta delle origini, al contatto con i nostri creatori. E, come in “2001”, dall’antichissimo e primordiale si passa in un attimo al futuro contemporaneo, con un “salto” che è anche l’oggetto dell’indagine e del racconto. Insomma: l’uomo si è evoluto gradualmente e linearmente dalla scimmia, oppure ha beneficiato di un “soffio divino”, per cui è nato “a immagine e somiglianza del proprio creatore”, saltando in un sol colpo milioni di anni di evoluzione?

Lasciamo per un attimo in sospeso la domanda del film, e passiamo a cose ben più serie, che sembrano essere alla base dell’euristica rappresentativa della pellicola di Ridley Scott. Non ci giurerei, ma noto una impressionante consonanza fra l’approccio del regista e gli ultimi studi sulla Bibbia, o meglio sull’Antico Testamento, e in special modo sui primissimi capitoli che costituiscono il patrimonio comune fra cristiani (Pentateuco) ed ebrei (Torà). Ebbene, è accaduto recentemente quello che forse per le religioni storiche non sarebbe mai dovuto accadere. Fortuitamente ― e per una serie sciagurata di eventi concatenati ― si è affrontato il tema centrale del racconto biblico. Qualcosa che è conosciuta abbastanza bene in ristrettissimi circoli di studiosi, ma che viene accuratamente celata, come sempre, alla massa degli umani, viste le cose che accadono attorno alle credenze religiose, sempre in cerca di fanatici disposti a tutto. O forse semplicemente perché aveva ragione Karl Marx: quale migliore oppio per i popoli ignoranti (e sanguinari)?

E qui comincia il nostro racconto, sorprendentemente parallelo alla tesi di Prometheus.
Cosa è scritto nel Libro.
Un giorno, alla Congregazione cattolica della Fede viene in mente di fare una cosa inusitata: tradurre fedelmente la Bibbia, e per di più prendendo come testo base la versione Ortodossa. Non so come vengano queste idee, ma bisognerebbe fermarle subito. Invece questo piccolo tarlo prosegue, e i bravi sacerdoti ― i discendenti di S. Paolo ― cercano qualcuno che possa svolgere l’immane compito: qualcuno che possa mettere a confronto il testo in antico ebraico, la versione Ortodossa e quella Cattolica (Samaritana), il testo greco e quello latino, facendo l’analisi millimetrica di ogni radice semantica del testo, di ogni verbo, di ogni inflessione, per dare al tutto un risultato in italiano. Si chiama “traduzione interlineare”, perché ogni riga di testo originale corre in parallelo, nell’interlinea, con la traduzione uno-a-uno in italiano, e sull’altra pagina si hanno le altre versioni per confronto. Occorreva un team, piuttosto largo e ben coordinato, di esperti linguisti, semiologi, teologi, studiosi: hanno trovato invece uno studioso che da solo assommava tutte quelle competenze. E che poteva riuscire nell’impresa. Ditemi voi se il caso non ha fatto lo sgambetto, e se qualcuno lo poteva mai prevedere. Questo qualcuno ha un nome e cognome, si chiama Mauro Biglini, e ha rilasciato alcune interviste che si trovano facilmente su Youtube. Dunque, Biglini riceve l’onerosissimo incarico e lavora alacremente per anni sui testi che gli hanno fornito, nessuno dei quali è però la Bibbia Originale. Tanto per intenderci, quella scritta in sanscrito, e della quale ne esistono almeno un paio di migliaia di interpretazioni differenti.
Già perché il sanscrito non riporta le vocali, ma solo le consonanti. E’ una semi-scrittura, o notazione incompleta. A seconda delle vocali che si intramezzano alle consonanti, il testo cambia. E già questo, per il Libro Fondamentale per la Civiltà Occidentale, è un mistero niente male.

Ma andiamo avanti. Biglini traduce pagine su pagine, e non trova un solo aspetto in cui il dio conosciuto da noi tutti, quel signore con la barba che ha immolato suo figlio per il bene dell’umanità e per riscattarla da non so quale colpa originaria, quel dio che sta lì dal tempo dei tempi e che sarà lì per sempre, si manifesti. Ha trovato tutt’altro. Ha trovato il racconto del rapporto fra una masnada di pastori e contadini dispersi su un territorio aspro, arido e di difficile coltivazione, ed un Governatore, chiamato Jahvè, che li ha trasformati in un popolo fortissimo e compatto, attraverso un processo dolorosissimo e feroce di compattamento.
Nell’Antico Testamento non c’è altro, a suo dire. Jahvè non era il solo governatore, e neanche il più potente o il più fortunato. Né era “single”, come alcune bibbie metodicamente riportano (ad esempio quella Copta). E’ uno dei governatori, sfortunato, che decide di mettersi in carriera e di trasformare i suoi sudditi in una macchina da guerra, per insidiare le altre e ben più ricche province. E non è del pianeta, ma è arrivato quaggiù.

So che per qualche lettore già queste poche affermazioni rappresentano un “apriti cielo”, però meglio di me espone Biglini, basta inserire il suo nome sul famoso motore di ricerca e ascoltare. Segnalo fra l’altro che Biglini è intriso di religiosità, e dal suo punto di vista la questione delle Origini e della Creazione si sposta solo di uno scalino: se Jahvè è solo uno dei Governatori (indicati con il termine di pluralia tantum di Elohim, poi diventato singolare e per di più uno dei nomi di dio) chi ha creato loro, gli Elohim?

Ma veniamo al passo saliente, la Creazione dell’Uomo. Secondo Biglini, la Bibbia che ha tradotto lui in quel punto fa un “salto”. Rammento che nella vulgata, il Creatore forgia con il fango ― “a sua
immagine e somiglianza” ― il corpo del primo uomo, e poi gli soffia la vita in faccia, rammentandogli che “polvere sei e polvere ritornerai”. Purtroppo il testo non dice questo. Lo dice la traduzione. Il testo invece sostiene che al posto del fango c’era una “materia primordiale”, o bruta ― che eventualmente poteva anche esser un ominide o scimmioide ― nella quale è stato inserito un elemento catartico, che era fatto ad immagine e somiglianza del Creatore, “tagliato via&rdq
uo; dal creatore stesso ed inserito nella creatura. Fra l’altro nell’originale si segnalano termini sconosciuti e neologismi, la cui traduzione semplicemente non è possibile perché non la si conosce. Come il termine che indica l’elemento di innesto.

All’epoca delle prime traduzioni questa roba non era comprensibile. E poiché si traduce per far comprendere agli altri, i traduttori hanno deviato dal testo letterale e inventato una storia che potesse funzionare. Il pupazzo di fango, il mob-avatar. Se qualcuno di voi sentisse oggi la spiegazione biblica narrata in un discorso comune, allo stato attuale delle conoscenze non avrebbe dubbi nell’identificare l’elemento innestato in un trapianto di DNA. Il creatore forgia la creatura, legando il proprio codice genetico alle caratteristiche del pianeta, in maniera da farla entrare in simbiosi “naturale” con l’ambiente nel quale si svilupperà. Il suo DNA dimezzato si lega con gli elementi autoctoni, saldando il principio vitale e l’architettura biologica con la composizione chimica dell’ambiente.

Che è esattamente la prima scena di Prometheus. Ma a ben vedere ne è anche lo sviluppo. Il liquido nero, generato dalla scienza aliena dei Creatori (consentitemi di continuare a chiamarli Elohim, o Titani) è l’elemento in grado di fondere i principi vitali in esso contenuti con le basi dell’ambiente nel quale viene riversato, e quindi di infondere la vita. E’ un elemento talmente avido di assolvere al proprio compito, che la semplice presenza di una forma di vita nelle vicinanze ne determina l’attivazione. E vediamo nel film che ci sono navi spaziali con le stive piene di questo materiale genetico, probabilmente destinate a fecondare i più remoti anfratti dell’universo tutto. Vi è una serie di immagini del film che andrebbero interpretate millimetricamente, in questo senso. Perché dalla loro comprensione deriva il “senso” di tutta la saga di Alien.

Ora, questo benedetto liquame infernale, al semplice contatto con la suola dello scarpone di una tuta astronautica, genera “lombrichi”. Vermi. E’ possibile che siano nati dal connubio di “materiale primordiale” portato dalla Terra e del liquido nero, oppure che siano stati costituiti dall’attivazione di principi vitali locali. Certo è che la seconda evoluzione del vermetto è già una biscia assassina. E’ già l’Alien che conosciamo bene: un organismo progettato per uccidere e che assorbe evolutivamente dall’ospite ― nel quale penetra e si incuba ― l’intero patrimonio vitale, sia culturale che genetico, adeguandolo alla propria rapidissima evoluzione verso un essere perfetto e (per noi umani) terribile.

Il Titano della prima scena di Prometheus è quindi uno degli Elohim, ed ha portato a termine il suo compito. L’altro, il superstite ospitato nella capsula cryogenetica, il doppio del primo, non conosce la sua creatura, conosce solo il pericolo di un uso insano della bevanda nera. Per cui si contrappone strenuamente a tutto ciò che non è lui, anche se gli assomiglia in maniera scalare. Ma potrebbe essere il frutto del male. E qui si capisce allora perché quelle immagini vadano analizzate fotogramma per fotogramma. Infatti, una volta assodato che il liquido costituisce il principio vitale e il principio di una evoluzione genetica vertiginosa, Alien ― che è lo specchio in cui ci riflettiamo ― è fondamentalmente buono o cattivo? O è semplicemente “al di là del bene e del male”? Il suo primo seme è positivo, costruttore, benefico, oppure distruttore, viralmente infettante e decisamente (nonché catastroficamente) assassino? Qualcosa del Titano, o dell’uomo, è filtrato dell’Alien? Ed come ha influito sulla sua natura? E noi, che di quella matrice facciamo parte, siamo fatti di materia impura negativa, mortifera, o c’è speranza di essere invece frutto del bene?

Lo sapremo quando atterreremo sul pianeta dei Titani, o degli Elohim, insieme al prossimo film di Ridley Scott.

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7 commenti su “Gli Elohim sono i Titani di Prometheus?

  1. La Bibbia originale non è affatto scritta in sanscrito, perché la lingua originaria della Bibbia è un idioma semitico, l’ebraico, scritto con i caratteri del “c.d. fenicio lineare”. Il sanscrito è invece uno stadio antichissimo dell’odierna lingua “hindi” dell’India, un idioma indeuropeo.

    1. Vero. La Bibbia in originale pare sia un allineamento di 140.000 caratteri “consonantici” senza vocali né segni di interpunzione, né divisioni di parole.

      La Bibbia dei 70 (Mesoreti) dovrebbe essere una revisione in greco con soluzione semantica delle ambiguità dell’originale e l’attribuzione di suoni vocalici standard. Ma risulta essere una interpretazione poco attendibile dei contenuti originali, peraltro in buona parte sconosciuti.

      In un articolo del genere mi sono preso qualche “licenza poetica”.

      Fab

  2. In Sardegna ci sono anche un sacco di tombe dei giganti, e ne ritrovano ancora ma non le denunciano sennò vengono portate via dai man in Black.

  3. L’Umano non è ancora pronto a con- prendere la natura delle cose…
    Non è pronto perché non ha esperienza del proprio Se…
    Non sa chi E’…perché pensa di essere un Chi…ma non sente chi E’…
    La mietitura avverrà quando il frutto sarà pronto…
    Non sarà mai maturo in tutti, ma dovrà esserlo per una massa critica di individui…
    Forse 144.000
    Chi sei Tu?
    SadasivaZumi

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