Mazzacurati non ama la definizione di Nordest. Non che sia leghista, però preferisce chiamarlo Veneto. Secondo lui, lì dove si vota la Lega non c’è più razzismo che in altre zone d’Italia; al contrario c’è più integrazione e maggiori assunzioni regolari. Un Veneto che il regista ha iniziato a frequentare più di vent’anni fa con Notte italiana, in particolare ritraendo la provincia, come anche ne La giusta distanza, e lo fa con affetto, accarezzando i suoi protagonisti, senza per questo risparmiare una divertita presa in giro dei loro caratteri. Ci mette uno sguardo partecipe che gli permette di cogliere qua e là, e in forma poetica, il dolore esistenziale degli individui; vìola la regola della giusta distanza, quella che il navigato caporedattore, interpretato da Fabrizio Bentivoglio, suggerisce al giovane aspirante giornalista Giovanni di tenere rispetto ai fatti di cronaca. Mai “troppo lontano da sembrare indifferente, ma nemmeno troppo vicino, perché l’emozione a volte può abbagliare“.

E per raggrumare quel che c’è di evanescente intorno al film – l’animo e i sentimenti dei protagonisti – il regista ha cercato di affidarsi a una storia con delle buone gambe. Insieme ai suoi sceneggiatori è partito da una domanda classica per sviluppare un certo tipo di narrazione: cosa accade nel microcosmo di un anonimo paesino della bassa alla foce del Po’, se vi arriva una nuova maestra “forestiera” procace e alternativa? Dicono che l’eros sia il motore del mondo, forse più semplicemente degli esseri umani, o forse li mette solo in agitazione, in movimento. Così pian piano intorno all’insegnante si avvicinano il ricco tabaccaio con moglie ucraina trovata su un catalogo on line, il timido autista in procinto di metter su famiglia, l’aspirante giornalista, e altri ancora. Tra questi, anche chi soffre in modo particolare la solitudine: il tunisino Hassan che si è guadagnato la stima di tutti col duro lavoro. Con la nuova venuta Hassan inizia una storia che permette a Mazzacurati di percorrere un ulteriore sviluppo narrativo: l’incontro causale di universi limitrofi (già realizzato in Vesna va veloce con l’operaio Antonio Albanese che incontra una prostituta dell’Est).

la giusta distanzaLa giusta distanza vuole essere la radiografia di un mondo, non tanto la fotografia: tenta di andare in profondità, oltre il fenomenico, in quella zona invisibile dell’animo umano da dove possono partire le azioni più nobili , o le peggiori. C’è da chiedersi, se questa è l’intenzione dell’autore, se sia riuscito a raggiungere tale obiettivo. In parte sì e in parte no, verrebbe da dire d’istinto. Costruisce infatti un affresco dove prevale la pluralità degli elementi più che la concentrazione dello sguardo su quanto di sfuggente rivelano gli individui. Inoltre pare interessato a rendere “appetibile” allo spettatore la materia esposta, a non rendergli difficile il cammino con interrogativi troppo impegnativi, privilegiando un racconto a cui agganciarsi con interesse e vantaggio dall’inizio alla fine.

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