Ho voluto fare qualcosa di completamente diverso dal mio film precedente” dice Silvio Soldini in conferenza stampa parlando di Giorni e nuvole. La storia è quella di una coppia benestante: Elsa (Margherita Buy) e Michele (Antonio Albanese). Sposati da vent’anni hanno un figlia, Alice (Alba Rohrwacher). Elsa si occupa di restauro: fa un lavoro che l’appassiona ma che non le dà uno stipendio sicuro. Quando Antonio, imprenditore, viene fatto fuori dalla sua azienda, la loro vita viene stravolta. Ritorna alla realtà Soldini, abbandona i toni della commedia surreale di Agata e la tempesta: “Ho voluto affrontare il dramma di chi perde il lavoro insieme ai problemi dell’amore di una coppia che sta insieme da tanti anni. La sceneggiatura è stata scritta pensando proprio a questo. Ma non è stato semplice affrontare questo tema. Il problema principale – ha aggiunto – è stato quello di riuscire a non farsi trascinare verso il finale drammatico e tragico a cui tutto sembrava condurre. Io volevo che i due protagonisti si mettessero uno di fronte all’altro, si spogliassero di tutto e decidessero di essere sinceri chiedendosi: cos’è la cosa più importante del mondo per me?”

Girato e ambientato interamente a Genova, per lo più con una macchina a mano e con una fotografia notevole di Romiro Civita, Giorni e nuvole affronta il problema del precariato lavorativo, da un punto di vista che non ti aspetti. Anche Antonio dal profilo sociale alto borghese può finire tra i “nuovi disoccupati” di mezza età. Si riclica come operaio, pony express, si umilia fino ad andare a chiedere lavoro al suo ex socio, ma di lavori veri niente. Elsa al tempo stesso trova invece un’occupazione in un call center e trova un secondo lavoro serale come segretaria. “Ci interessava indagare a fondo la discesa lenta di una coppia borghese e la loro capacità di stare assieme – spiega lo sceneggiatore Francesco Piccolo -. Ci capita sempre più spesso nella realtà di vedere storie come quella di Michele: basta osservare quante persone adulte oggi facciano le consegne a domicilio, un lavoro che fino a poco tempo fa svolgevano soli i ragazzi”.

Una Genova spesso cupa che sembra vivere delle stesse emozioni dei protagonisti. Soldini li segue con uno stile da documentarista, spiega ancora: “Volevo fare un film che scavasse nella realtà che affrontasse la relazione di coppia tra due persone che stanno insieme da tanto tempo, e che mostrasse il loro stupore di fronte a una tragedia come l’improvvisa disoccupazione. Non pensiamo mai che una cosa del genere possa succedere a noi, invece purtroppo possiamo caderci tutti“. La drammaticità dell’argomento è smorzata dal racconto dell’evoluzione del rapporto tra i due. Albanese, a proposito del tema scelto dal regista, ha specificato: “Io provengo dal mondo operaio e il tema del lavoro mi interessa moltissimo. Nella vita reale vedo molte esperienze simili a quelle di Antonio. In particolare ho osservato lo sguardo di un mio amico di 45 anni colpito da questo dramma: ho letto in lui vergogna e umiliazione. E non mi stupiscono quasi più le notizie di suicidi di persone disoccupate, disperate: era importantissimo affrontare al cinema un dramma così attuale“.

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One thought on “I precari di Soldini

  1. e infatti collegandomi a queste ultime righe, sono dello steso parere di albanese.
    nel film ogni volta che si vede rientrare a casa la moglie. la buy, si ha sempre paura di torvare un suicidio. il ruolo drammatico di albanese, a mio avviso, è svolto con un’intensità drammatica, che mi ha commosso in più di un punto. il decadimento umano e familiare in cui si può sprofondare, il ricominciare anche ricredendosi su alcuni stupidi pregiudizi, questi elementi, a mio avviso, rendono questo film molto realistico, anche duro, soprattutto un passo verso la realtà, ingiusta e anticinematografica, dunque, “la gente vuole pensare”.

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