Difficile prendere sonno… Lo stomaco ancora duole come dopo aver preso un sacco di pugni, che poi i pugni non li ho mai presi. Chiusa la porta di casa mia, forse posso stare tranquilla, protetta, forse… e se qualcuno stanotte mentre sto dormendo arriva e mi sveglia a botte perché il governo ha promulgato una decreto secondo cui dev’essere arrestato chi scrive di cinema? E porta rotta, manganellate, sangue sulle pareti… Oppure viene stabilito che da stanotte nessuna mora e riccia deve girare libera: tutti in prigione, ma prima di andarci manganellate in libertà…

Tornando a casa sull’autobus mi aspettavo che da un momento dall’altro il conducente – colui che è preposto a condurre l’autobus nel rispetto delle regole e del codice della strada, che dovrebbe essere sempre dalla parte del passeggero –  cominciasse a correre all’impazzata, mettendo sotto quelli che attraversavano, sbandando a destra, a sinistra, nn facendo salire quelli antipatici, prendendo a pugni i vecchietti perché “brutti e deboli”.

Impossibile? Perché no, se nel nostro paese e non solo (penso in Germania e anche nel nostro paese al tempo del nazismo, agli USA ad Abu Ghraib, solo per fare due esempi) chi è preposto a tutelare il cittadino da chi infrange la legge, dal violento, chi dovrebbe essere d’esempio per tutti, diventa all’improvviso peggio di un assassino, per furia assassina, con l’aggravante di poter insabbiare tutto perché rappresentante della legge… Se chi ha fatto questo, e non uno, ma decine, gira poi impunito invece che stare in carcere come spetterebbe a chiunque di noi picchi a sangue, torturi (ma in Italia non esiste il reato di tortura), sequestri e sevizi qualcuno, ometta soccorso se medico, anzi infierisca su chi ha bisogno di aiuto…

Da dove stavo tornando? Non sono stata rapita dagli alieni, semplicemente tornavo dal cinema, Sala 1 del Cinema Quattro Fontane di Roma. Sala pienissima ed è una sala immensa, sala ammutolita, attonita emozionata dalle immagini di Diaz –  Don’t clean up this bood di Daniele Vicari. Parte da un fatto di cronaca che tutti conosciamo, non troppo lontano nel tempo per farne un film. Il pugno allo stomaco viene perché si rievocano fatti in parte vissuti, visti una decina di anni fa. A Genova volevo andare, poi non andai ma ci andarono a sfilare parenti e amici… Andai alla manifestazione che si fece subito dopo davanti a Montecitorio e ricordo il senso di piombo e oppressione che si respirava. Lì conobbi una ragazza ancor sotto shock che si occupava di arte e che era appena tornata da Genova dove era stato con il suo ragazzo, picchiato benché disarmato, benché non blck block, benché pacifico per strada dalle forze dell’ordine. Si sono viste delle immagine, si seppero i fatti della Diaz, di Bolzaneto nonostante si sia fatto di tutto per nasconderli, depistare, falsificarli… Quelle immagini ancora si ricordano.

Sapevo che il film di Vicari era duro, già da Berlino se ne parlava come di un pugno nello stomaco. E lo è stato ancora di più che guadare immagini di repertorio (qui sapientemente unite a immagini di finzione) perché c’era un montaggio strepitoso, una sceneggiatura perfetta, una fotografia magistrale insomma tutti gli strumenti  del cinema usati alla perfezione per portarti dentro  all’atmosfera di quei giorni, al pullulare di storie umane che lì si sono incrociate, provenienti da tutti il mondo per arrivare all’incubo senza fine di quella notte infinita. L’andare avanti e indietro nel tempo, l’entrare e uscire da quella scuola, il vedere e rivedere alcune sequenza da più punti di vista, il seguire le storie dei singoli personaggi avanti e indietro nel tempo di quella giornata aumenta il pugno nello stomaco, il senso di impotenza, di violenza, si sospensione di tutti i diritti costituzionali e civili che neanche una guerra giustificherebbe: non è ammessa la violenza gratuita e la tortura sui prigionieri di guerra.

Non è casuale che nella sala a fianco, alla stessa ora (la lunga coda della cassa si divideva equamente tra le due sale) dessero Romanzo di una strage di Marco Tullio Giordana.

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2 commenti su “DIAZ – Nessuno pulisca questo sangue

  1. Mi dispiace, ma credo che se avessero fatto vedere un’astronave extraterrestre da cui scendavano i polizziotti “mostri” col manganello e la bava alla bocca il film sarebbere stato più onesto…con questo intendo dire che dal mio punto di vista la vera mostruosità della violenza sta nel dare un contesto umano,sociale, culturale in cui questa violenza è stata applicata e che gli auguzzini diventano più orribili e spaventosi se hanno un volto, una storia, un odore, come l’aguzzino di “Garage Olimpo” di Bechis che era il timido vicino di casa innamorato…Qui invece si vuole andare subito al “sodo” , perche bisogna vedere quello che è successo, ma a questo punto perche non fare semplicemente ed efficamente un montaggio di immagini di repertorio(che mettono realmente i brividi…) invece di inserire una blanda, esile drammatizzazione dove non emerge nessun personaggio se non nella sua funzione di “vittima” o “carnefice”?Io sinceramente ho trovato ancora più fastidioso questa finta costruzione drammaturgica perche è chiaro che al regista interessa solo suscitare rabbia e indignazione cosa che credo sia molto più facile avendo a dispozione mezzi, che suscitare una riflessione complessa della realtà su più piani, in primis sulle responsabilità del potere politico che ha fatto in modo che accadesse ciò che è acccaduto alla Diaz e a Bolzaneto.Nel cinema secondo me il fine non giustifica mai i mezzi e la memoria di quello che è successo alla Diaz dovrebbe essere collettiva e universale e non ridotta all’effetto shock di un istant movie realizzato però dieci anni dopo..

  2. Il regista ha scelto di raccontare la Diaz, forse qualche elemento maggiore sulle responsabilità politiche ci poteva stare ma credo che lo spezzone di tg con le balle di Berlusconi spieghi parecchio del clima di allora, non credo che gli vada imputato di non aver voluto ricostruire l’intero clima di Genova 2001. Non voleva fare un “Via col vento” politico, credo non sia un istant movie ma una onesta ricostruzione e riflessione, per non dimenticare la sospensione dei diritti umani operata in quei giorni. In particolare alla Diaz e a Bolzaneto.

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