“Finalmente si respira aria nuova nel cinema italiano”. È il commento di Giuseppe Tornatore, trionfatore dell’ultima edizione del David di Donatello con La sconosciuta. Il riferimento è al movimento dei Cento autori che hanno consegnato un lettera-appello al presidente della repubblica, nel corso dell’incontro con i candidati al David. Qualcosa è stato già ottenuto. Lunedì una delegazione verrà ricevuta dal ministro Rutelli. “Tra le richieste che porteremo al vice presidente del Consiglio, quella di dare al cinema italiano le stesse opportunità del cinema francese e di sostenere una televisione di cultura che dia più spazio al cinema di qualità” dice Michele Placido.
Qualcosa insomma sembra muoversi. “Dopo un lungo periodo di inutili piagnistei – aggiunge Tornatore – i cineasti italiani tornano a dialogare e a parlarsi ancora”. Ed in effetti questa è una novità. Fanno gruppo. Analizzano la situazione, le difficoltà produttive, distributive. Chiedono alla politica di intervenire. Fanno richieste che vanno oltre gli “interessi di bottega”. Non solo, cercano di cogliere il nesso fra cultura e Paese. La lettera di Bertolucci è stata benzina per i media. Ma sarebbe ingiusto dimenticare quella di Giuseppe Piccioni scritta all’Unione l’indomani della vittoria elettorale, come anche l’effervescenza culturale nata intorno alla Libreria del cinema di via dei Fienaroli a Roma.
Si torna a ragionare, sperando che gli anni al napalm (quelli in cui qualsiasi discussione che lambisse questioni politico-culturali era bandita) siano finiti. Magari sarebbe utile non stare a levare lamenti contro Tarantino se spara a zero sul nostro cinema contemporaneo. Come ha infatti spiegato con ironia Almodovar – in Italia per ritirare l’onorificenza di Commendatore della Repubblica – il regista americano “è un uomo caratterizzato da una grande incontinenza verbale”. È un gran chiacchierone, aggiunge poi l’autore di Tutto su mia madre: “Pur essendo un gran cinefilo, non conosce il cinema italiano. E non solo quello di adesso ma nemmeno i classici. Tarantino conosce solo il cinema italiano di serie Z. Quindi perché prenderlo sul serio?”. Capito? L’orgoglio si tira fuori con i risultati che di per sé parlano da soli.
E qualcosa inizia a muoversi – la prudenza è d’obbligo dopo i ripetuti annunci sulla “rinascita del cinema italiano” – anche sul fronte del pubblico. Stando ai dati Cinetel nei primi cinque mesi dell’anno, rispetto al 2006, c’è stato un incremento negli incassi del 7,40%, e i film prodotti e co-prodotti in Italia raggiungono il 35,05 degli incassi globali. Nella classifica del box office nei primi 20 titoli troviamo 6 titoli nazionali: Manuale d’amore, Ho voglia di te, Notte prima degli esami, Saturno contro, e Natale a New York. E la televisione di stato? Il discorso sarebbe lungo. Però pure in questo non si possono sottacere alcuni segnali incoraggianti. Per esempio l’annuncio di Claudio Cappon, direttore generale della Rai, che in un convegno dedicato al rapporto fra cinema e lavoro, ha detto: “Nei prossimi mesi cercheremo di avere su Raidue una seconda serata vera, e non notturna, dedicata al cinema italiano”. Per concludere: qualcosa si muove.